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L'esperienza in Argentina
Le aspettative comuni

Ma cosa si aspettava Strampelli dall’Argentina, e su cosa questa confidava in Strampelli?
Abbiamo già visto di come egli non facesse mistero del suo fascino verso l’Argentina.
Ma forse non fu solo questo a spingerlo verso il sudamerica, ed è possibile azzardare un’altra motivazione.
Perché distogliersi da ciò che faceva, per recarsi in Argentina, dopo aver rifiutato importanti incarichi in Brasile e in Francia, e dopo che, per concentrarsi ulteriormente sul frumento, aveva ormai abbandonato ogni altra forma di sperimentazione con la chiarezza di un obiettivo preciso che non aveva mai rivelato direttamente?
Quell’obiettivo Strampelli lo confessò a Roberto Gody a Buenos Aires, ed era l’autosufficienza granaria italiana, e questo tre anni prima che Mussolini proclamasse la battaglia del grano, che si pose quello stesso ambizioso punto di arrivo.
Ed allora perché distogliersi dal lavoro verso uno scopo tanto importante per andare in Argentina, lui che era costantemente ossessionato dal tempo che segnava dei limiti al suo lavoro, e questo proprio nel momento in cui i suoi grani abbandonavano la dimensione sperimentale per essere realmente coltivati nelle campagne italiane.
E che dire poi dell’ evidente contrasto tra gli obiettivi della sua missione scientifica in Argentina, con la politica cerealicola del regime che aveva instaurato un regime protezionistico sul grano indirizzato a rendere non economicamente vantaggiosa l’introduzione di frumenti dall’estero.
Quale era il senso di mettere a disposizione i risultati delle proprie ricerche scientifiche ad un paese al quale l’ Italia pagava già un alto tributo per l’importazione di grano, con l’evidenza che se li si fosse aumentata la produzione frumentaria, con la conseguente contrazione dei costi di produzione, e quindi del prezzo sul mercato internazionale, si sarebbe ulteriormente indebolita la posizione italiana.
Per tentare di spiegare tale apparente contraddizione dobbiamo risalire al 1905, anno di datazione di una relazione manoscritta che abbiamo rintracciato presso l’archivio di Nazareno Strampelli, e che riguarda la produzione mondiale del grano, ma in modo particolare la cerealicoltura argentina, e la problematica delle importazioni frumentarie in Italia.
Siamo nel 1905, e Strampelli è il direttore della modesta Cattedra ambulante di Rieti, che aveva come scopo istituzionale il miglioramento del Rieti originario, e non di certo la politica delle importazioni granarie in Italia.
La relazione prendeva in esame la produzione granaria argentina dell’ultimo decennio:
Il raccolto del 1904 è stato il più elevato del decennio e superiore a quello del 1903 di 2.268.160 quintali ed a quello del 1902 di 11.304.810 quintali. Si osserva inoltre che la coltura del frumento nell’Argentina va sempre aumentando e la sua produzione ha notevole influenza sul mercato granario europeo. Cosi nel decorso marzo, mentre si temeva una deficienza di frumento in Italia, l’Argentina dopo la Russia e la Romania, contribuì alla importazione di grano con 106.970 quintali nel periodo dal 1 gennaio al 31 luglio e cioè aumentò nove volte circa la sua importazione normale di frumento in Italia. 17
Lo studio va poi avanti esaminando le produzioni granarie in Russia, Romania e Stati Uniti, gli altri grandi fornitori di grano all’Italia, ma tra questi che avevano una produzione elevatissima, ma sostanzialmente stabile, l’Argentina rappresentava una eccezione.
Il suo trend di aumento produttivo non aveva confronti, e nella relazione questo viene evidenziato in una apposita tabella che metteva in evidenza come la cerealicoltura di quel paese rappresentasse una variabile sul mercato internazionale estremamente significativa, caratterizzata da una forte dinamicità.
Quindi se la presenza di tale relazione conferma ulteriormente gli obiettivi reali di Strampelli che fin dall’inizio del secolo andavano ben al di là dei confini istituzionali della Cattedra ambulante che dirigeva, l’ accettazione dell’incarico in Argentina potrebbe trovare almeno due chiavi interpretative.
E’ di certo immaginabile che nel momento dell’ accettazione di quell’ incarico si stessero gettando le basi della battaglia del grano, e Strampelli avrebbe dovuto giocare la carta dei suoi frumenti che erano stati creati a Rieti negli anni precedenti, ma che forse dovevano essere ancora meglio sperimentati per essere certi dei risultati ottenibili.
L’Argentina apriva a Strampelli di fatto due diversi percorsi, il primo dei quali era ovviamente quello dell’applicazione concreta dei suoi frumenti in un territorio tanto vasto, e solo marginalmente sfruttato.
L’altro potrebbe essere ricercato in una sorta di comprensibile incertezza sui risultati dei suoi frumenti in Italia in base alla quale l’Argentina, con cui si sarebbero potuti stringere accordi economici particolarmente convenienti, poteva rappresentare un rimedio da mettere in campo in caso di fallimento della battaglia del grano.
E forse questo spiega anche il perché egli, nella fase della gestione dei suoi frumenti in Argentina, piuttosto che a Carlo Meschini e alla Società degli agricoltori italiani, preferì affidarsi ad una società come la Toscano & Schmitz, con uffici a Buenos Aires, Torino e Parigi, ed in particolare a Pacifico Toscano che vantava forti agganci sia nel mondo universitario argentino, ma soprattutto all’interno dell'apparato governativo.
E forse non fu ancora un caso che nelle sue lettere, PacificoToscano faceva spesso riferimento alle assicurazioni ricevute dal ministro dell’agricoltura Le Breton in base alle quali c’era una disponibilità da parte del governo argentino ad esportare in Italia frumento a prezzo dimezzato, in una quantità doppia a quella dei frumenti Strampelli introdotti in Argentina, e di questo invitava Strampelli a riferire direttamente a Mussolini.
Come dire, se in Italia i frumenti Strampelli non avessero raggiunto i risultati desiderati, la bilancia dei pagamenti avrebbe potuto ugualmente avvantaggiarsi dall’importazione a prezzi ridotti del grano argentino.
Difficile è trovare un riscontro esplicito per tale percorso. L’unica certezza è che per sua fortuna i frumenti creati a Campomoro funzionarono benissimo nelle campagne italiane, altrimenti, come vedremo, sarebbe stato ben difficile che Pacifico Toscano avrebbe operato come voleva Strampelli nella direzione dell’economia nazionale italiana, rivelandosi piuttosto un abile faccendiere, tenace e privo di scrupoli.
Per altro una tale prospettiva aveva poco a che fare con i programmi propagandistici del regime che fece dell’autosufficienza granaria una vera e propria bandiera da spendere sul piano internazionale, senza badare più di tanto alla complessità dell’economia europea del tempo, all’interno della quale non era affatto scontato - e questo di fatto accadde - che l’affrancamento dall’importazione frumentaria, producesse automaticamente reali benefici all’economia complessiva del paese.
E sull’altro fronte, cosa si aspettava l'Argentina da Strampelli?
Nell'intervista rilasciata alla Nacion, Roberto Godoy sottolineava come il rendimento medio frumentario in Argentina non superasse i 5,5 - 6,5 q.li per ettaro, e ciò era considerato uno dei mali più gravi dell'economia argentina.
Non che tale produzione non fosse sufficiente a soddisfare il fabbisogno interno, anzi l'Argentina era un paese esportatore di grano anche verso l'Italia, ma la bassa produzione faceva crescere il costo del frumento tanto che questo era diventato poco concorrenziale sul mercato internazionale.
L’Argentina aveva investito fortemente nel porsi come paese esportatore di frumento, destinando a questa coltura tutta una vasta area che includeva la provincia di Buenos Aires, quella di Cordoba, tutta l’area a nord-est della Pampa, e quella ad est di San Luis.
La superficie coltivata a grano superava i 6 milioni di ettari da cui si ricavava una produzione di poco superiore a quella italiana, ma che rapportata alla popolazione presente, circa di 10 milioni di abitanti, non poteva che essere destinata in larga misura all’esportazione.
Che l’Argentina abbia investito in questo senso lo si deduce dall’aumento della produzione granaria e soprattutto della superficie destinata a tale coltura che nel 1872 investiva appena 580.000 ettari ,che salirono a 2,5 milioni solo nel 1888, e a 4,9 milioni del 1895. (18 )
Nel 1896 la produzione era di appena di 7 milioni di quintali, che raddoppiò l’anno successivo per arrivare a 30 milioni nel 1898, e via via fino agli oltre 40 milioni nel 1904, che si mantennero sostanzialmente costanti per tutta la prima metà del XX secolo. ( 19 )
Che tale aumento di produzione frumentaria fosse parte di una strategia economica indirizzata a potenziare questa come la principale voce attiva dell’esportazione, lo testimonia l’esiguità del fabbisogno interno dovuto ad una popolazione che, in base a quanto riferisce il De Moussy, nel 1860, superava di poco un milione di abitanti, i quali nel 1869, anno del primo censimento ufficiale, erano saliti a 1.830.214 , e quindi a 4.040.911 nel 1895 e a 8.092.216 nel 1914. (20)
Nel 1922 sul totale complessivo delle importazioni frumentarie l'Italia introduceva dall’Argentina il 5,11% di frumento, quota che, come si vede dalla tavola seguente, crebbe progressivamente fino a raggiungere il 26,06 % nel 1928, per oltre 7 milioni di quintali.

Il problema in Argentina era quindi, come in Italia, quello di aumentare la produzione per ettaro, ma l'obiettivo era esattamente opposto, in quanto ciò non sarebbe dovuto servire per ridurre l'importazione, ma per abbassare i costi di produzione, ed avere un ruolo concorrenziale sul mercato internazionale.
La produttività media per ettaro nell'intervallo dal 1909-1913 era stata in Argentina di 6,6 q.li, inferiore a quella degli Stati Uniti che era di 9,4 q.li, cosi come di quella della Russia 6,87 q.li, e nettamente più bassa di quella del Canada dove si producevano in media 13,3 q.li per ettaro, anche se va tenuto conto che in questo periodo la superficie frumentaria canadese era concentrata in poco più di 4 milioni di ettari, che aumentarono vorticosamente negli anni successivi, fino a superare i 10 milioni nel 1929.

Le strade percorribili erano sostanzialmente due; da un lato l'introduzione di nuove varietà di frumento, dall'altro una maggiore razionalizzazione delle colture, e su questo fronte era impegnato Marcello Conti che insegnava presso l' università di Buenos Aires, e che fu vicino a Strampelli nella sua esperienza in Argentina, per essere poi coinvolto nell'operazione economica ideata da Pacifico Toscano per la gestione dei frumenti Strampelli in America Latina.
In effetti il sistema di raccolta del grano in Argentina soprattutto per la scarsità della manodopera, era fortemente meccanizzato, più che in ogni altro paese dell'America Latina, ma questo comportava una perdita di frumento che, secondo una indagine condotta da Conti, superava gli otto milioni di quintali l'anno, cosa che non poteva non incidere significativamente sul costo di produzione. ( 21 )
In modo particolare venivano usate mietitrici-legatrici o semplici spigatrici, mentre solo di recente venivano impiegate le mietitrici-trebbiatrici, introdotte prevalentemente dal Canada, che garantivano un risultato economicamente più vantaggioso.
Ma il problema centrale era quello delle varietà di frumento che in Argentina si coltivava su una superficie di circa 7 milioni di ettari, collocati all'interno di una area, potenzialmente adatta a questa coltivazione, che si estendeva per oltre 50 milioni di ettari.
E' evidente che una area tanto vasta si presentava con profonde differenze morfologiche e climatologiche che andavano da un clima quasi equatoriale del nord, che garantiva un forte sviluppo vegetativo, a quello secco del sud e dell'ovest, dove i terreni arenosi e la scarsità di piogge riducevano sensibilmente lo sviluppo vegetativo del grano.
Nazareno Strampelli partì per il suo viaggio nell'interno dell'Argentina visitando le principali province produttrici di grano.
Quella di Cordoba, dove la superficie frumentaria era di .1.792.000 ettari, e dove il grano costituiva il 45% sul totale delle coltivazioni, quella di Santa Fe con 1.262.650 ettari coltivati a grano (33%), quella di Entrerios 300.000 ettari, (36%), la Pampa Centrale, 301.000 ettari ( 33%) e quella di Buenos Aires 2.119.900 ( 30%).
Con lui c'erano Marcello Conti, Roberto Godoy e un piccolo taccuino che abbiamo di recente rintracciato nell'archivio reatino della Stazione sperimentale, dove egli, regione per regione, prendeva appunti circa la superficie delle colture, le diverse varietà di grano coltivate, ma dove segnava anche i nomi degli italiani che incontrava lungo il tragitto, e che spesso chiedevano a lui di portare notizie e saluti a qualche famigliare . (23)
Nell'area visitata da Strampelli era concentrato oltre il 90% della superficie granaria dell' intero paese, ed egli comprese subito che uno dei principali problemi della granicoltura argentina era l'empirismo delle coltivazioni, per altro comune a gran parte delle aree a produzione estensiva.
Occorreva trovare la giusta qualità di grano in funzione delle diverse aree geografiche argentine, ed era evidente che molti dei suoi frumenti potevano essere adeguatamente coltivati, ma solo dopo alcuni anni di sperimentazione.
Al ritorno dal suo sopralluogo nelle province interne dell’ Argentina, Strampelli rilasciò una intervista al Giornale d’Italia nella quale, contrariamente a quanto aveva fatto in altri casi, anticipò quelli che saranno i contenuti della relazione che avrebbe preparato per il governo argentino. (24)
Il primo errore dell’agricoltura argentina, secondo Strampelli, era legato all’estensività delle colture a discapito della qualità del prodotto.
Mi pare che qui si alimenti troppo la mania dell’estensione: si ha l’incubo della superficie. La vastità della campagna argentina esercita una attrazione controproducente. E di conseguenza tutto è superficiale. L’aratura poco profonda la coltura poco intensa
Anche il metodo di semina veniva fatto in modo empirico e superficiale, a cominciare dai tempi in cui questa avveniva, senza tener conto delle varietà che si seminavano, fino al punto che i frumenti a ciclo vegetativo lungo venivano piantati in primavera anziché in autunno.
Inoltre non esisteva per Strampelli uno studio attendibile delle varietà più adatte in funzione delle diverse aree geografiche del paese.
Su questo aspetto egli però non si sentì ancora di fornire indicazioni precise in quanto non era sufficiente una unica annata per verificare la bontà di una varietà rispetto ad un’altra in una determinata area, e portò l’esempio di Guatraché nella pampa centrale dove si coltivava il suo Carlotta con risultati che avevano entusiasmato gli agricoltori della zona.
Egli invece di favorire la diffusione del suo grano, ne sconsiglio l’uso, non ritenendolo adatto alle caratteristiche morfologiche di quell’area.
I buoni risultati di quell’anno erano dovuti all’eccezionalità dell’ annata particolarmente piovosa che, secondo Strampelli, aveva rappresentato l’unica vera condizione di riuscita del Carlotta a Guatraché, e concludeva: “Ora le annate piovose in questa zona sono eccezionali, rare e diffondendo questo mio grano si farebbe del danno, anziché del bene.”
Strampelli ci teneva a non deludere , e già durante i sopralluoghi nella Pampa aveva gettato acqua sul fuoco degli entusiasmi che avevano generato i risultati di qualche suo grano.
Al cronista della Nacion che lo seguiva nel suo viaggio ebbe a dichiarare:
No obstante el buen resultado conseguito en este año es bueno no ilusionarse porque juzgo al Carlotta Strampelli non apto a la región de la Pampa 25
In effetti la ricerca in campo agrario in Argentina era alquanto arretrata, e se si fa eccezione per alcuni studiosi del mondo accademico come Luis Maria Del Carril, che proprio nell'anno in cui arrivò Strampelli tenne una conferenza all' università di Buenos Aires sull'applicazione della genetica in agricoltura (26), per il resto la situazione ristagnava su pratiche empiriche di coltivazione, spesso introdotte dagli stessi colonizzatori. (27 )
Lo stesso Strampelli tornato in Italia sottolineò come gli agronomi argentini non avevano a disposizione ne campi sperimentali ne dimostrativi, e pose un problema relativo all'emigrazione italiana in quel paese, gestita dagli agenti consolari, privi di cognizioni agricole, e quindi incapaci di orientare opportunamente gli emigranti verso le diverse aree argentine.
"Affinchè i nostri contadini che emigrano - dichiarava Strampelli - possano realizzare subito discreti guadagni e non perdere un tempo prezioso, bisogna che essi siano diretti ad esercitare l' agricoltura in quelle zone della Repubblica Argentina che presentano le caratteristiche speciali proprie delle loro zone di origine" (28), e per far questo era necessario rivolgersi proprio agli agronomi locali, gli unici che potevano fornire indicazioni in proposito.
Dati precisi sulla coltivazione dei frumenti Strampelli in Argentina non se ne anno, ma, non appena tornato a Rieti, egli spedì direttamente al Ministro di agricoltura Tomasso Le Breton 400 kg di frumenti da seme Dauno, Apulia,Luigia, Cervaro, Calatafimi, Carlotta, Riccio, Ardito e Marzuolo Potenziani (29).
Si trattò solo di un primo momento, più simbolico che strutturale, in quanto, come vedremo, la diffusione dei frumenti Strampelli non seguì tanto il percorso dell’ufficialità governativa , quanto quella dell’imprenditorialità italo-argentina.
Di certo nel 1924 Henry D'André, direttore del Laboratorio de los molinos herineros y elevadores de granos di Buenos Aires , considerava i frumenti Strampelli come uno dei tre raggruppamenti frumentari argentini, cioè a dire trigos norte-americanos, trigos dei pais, e appunto, trigos Strampelli, e, a parte il Dauno, li considerava tra i migliori per la panificazione, (30 ) e sedici anni dopo Noé Horovitz nella sua catalogazione dei frumenti coltivati in Argentina, classificava le varietà più coltivate i grani Ardito, Mentana, Carlotta Strampelli, Riccio , oltre al Rieti originario, che Strampelli deve aver introdotto ritenendolo adatto in qualche specifica area argentina ( 31 )
Di certo dopo l'esperienza di Strampelli, in Argentina si assiste ad una vivacità degli studi agronomici sul frumento ( 32 ), ben al di la delle pubblicazioni propagandistiche diffuse dalla Ferrocarril Central Argentino, la compagnia ferroviaria che lavorava per la colonizzazione di larghe aree pressoché deserte (33 ), cosi come appare evidente un aumento produttivo dovuto non solo ad una maggiore estensione frumentaria, ma soprattutto ad una più elevata produttività per ettaro, cosa che è difficile non mettere in correlazione con l’introduzione dei frumenti Strampelli.
Nell'intervallo di tempo dal 1929 al 1932, la produzione media in Argentina era salita a 8,25 q.li per ettaro, ma contestualmente la superficie frumentaria era cresciuta di circa un milione di ettari, mentre la produzione media per lo stesso periodo negli Stati Uniti era rimasta sostanzialmente invariata a 9,49 q.li, cosi come quella russa che era leggermente diminuita a 9,56 q.li, mentre quella del Canada era scesa a 9,6 q.li. .
Nel 1933 l'Argentina aveva destinato a frumento altri 900 mila ettari, e la produzione aveva raggiunto i 69.720.000 q.li con una media per ettaro di 8,8 q.li, la più alta di tutta l'area americana dove nel Canada si producevano 7 q.li per ettaro, 6,7 nel Messico, 7,5 negli Stati Uniti, 7,6 in Uruguay, e superando anche la Russia dove si producevano 8,3 q.li per ettaro, e l'Australia dove se ne producevano 7,6.
Tra i grandi produttori di grano del mondo dove veniva prevalentemente praticata la coltura estensiva, l'Argentina era diventato il paese con la migliore produttività unitaria, senza però raggiungere i livelli europei dove la prevalente cultura intensiva, garantiva, come si deduce dalla tavola seguente, rese unitarie ben maggiori.

Non conosciamo la relazione che Strampelli presentò al ministro Le Breton prima di partire da Buenos Aires, e che a quanto pare venne pubblicata e largamente diffusa ( 36 ), ma questa deve aver inciso su una maggiore razionalizzazione dell'impiego delle sementi, e, ovviamente, su un crescente utilizzo dei frumenti Strampelli riprodotti in loco.


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